Pensando a Foggia-Bari la mente non può non tornare a un calcio romantico, poetico, e la nostalgia assale chi ha avuto il privilegio di vivere quei protagonisti d’un tempo lontano. Era il Bari dei Matarrese, ma anche il Foggia di Zemanlandia e del tridente Baiano-Signori-Rambaudi. Derby da ricordare, uomini che hanno legato il loro nome alla storia dell’una o dell’altra squadra. Cambiano i tempi, mutano gli scenari, non la passione, soprattutto dei tifosi del Bari desiderosi quanto prima di abbandonare la Lega Pro.
I presupposti ci sono tutti, Auteri ha tra le mani una corazzata. Possono cambiare gli addendi, non il risultato: la squadra vince, ed anche molto bene. A differenza della passata stagione, andata in archivio con qualche rimpianto di troppo, il Galletto sembra essersi incattivito, o meglio, smaliziato. La prova concreta l’ha fornita l’ultima partita contro il Catania. Sotto di una rete i reparti, sfilacciati nel primo tempo, si sono efficacemente compattati nella ripresa. Estro e fantasia – Marras su tutti – e responsabilità – quelle che Maita sembra essersi caricato sulle spalle – hanno dato il là alla rimonta. La cattiveria sotto rete ha poi fatto il resto. Se poi Di Cesare si traveste da Ronaldo il fenomeno, ai malcapitati avversari non resta che piangere. Il treno guidato da Auteri viaggia spedito sui binari del 3-4-3 e sembra aver trovato nel centrocampo – tallone d’Achille durante la passata stagione – il vero punto di forza.
A Foggia bisognerà continuare a vincere, e il derby, con tutte le difficoltà che annovera, non può e, soprattutto, non deve rappresentare un alibi. Ai biancorossi non manca davvero nulla per esorcizzare i Satanelli. Il Foggia non sembra, almeno sulla carta, possedere le armi per rubare l’anima del Galletti. Al campo, giudice supremo, l’ultima parola. In attesa di tempi migliori e di poter tornare finalmente sugli spalti, non rimane che accomodarsi in poltrona. Un derby è sempre partita dal fascino unico.
(Di Raffaele Garinella)
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