Ora uno come Robert Jarni in Italia verrebbe considerato un top player. E nei mitici anni ’90, a dir la verità, si era ritagliato ugualmente spazi importanti: Torino, Juventus, Real Madrid, semifinale mondiale con la nazionale croata (Francia ’98) e dopo aver partecipato alla coppa del mondo anche con la maglia della Jugoslavia (Italia ’90, ndr). In carriera l’ex centrocampista classe 1968 ha indossato la maglia del Bari collezionando qualcosa come 52 presenze e 3 reti. Intervistato dalla nostra redazione, l’attuale ct della Croazia Under 19 ha detto la sua sul momento attuale dei biancorossi ed ha ripercorso le principali tappe del biennio trascorso in riva all’Adriatico (1991/92 e 1992/93).
Buon pomeriggio signor Jarni. La notizia della settimana, purtroppo, è di quelle amare e difficili da mandare giù. Il Bari, dopo 110 anni, non esiste più…
“Mamma mia! Avevo appreso la notizia durante un mio viaggio in Giappone, ma non volevo crederci. Che dire…Bari è una piazza importante, tanto a livello di Serie A come a livello di Serie B. Bisognava fare l’impossibile per evitare questo disastro. Difficile, per il resto, giudicare dall’esterno. E’ chiaro che ogni progetto è stato evidentemente pianificato male. Ora non c’è tempo per piangere e bisogna rialzarsi in fretta”.
Cambiamo argomento, concentriamoci sul passato. Il suo arrivo a Bari ed il suo bilancio sull’esperienza biancorossa…
“Ricordo ancora il mio approdo in Italia, fu nel novembre del 1991. Ero giovane ed in classifica il Bari non era messo bene. Avemmo la peggio contro il Foggia di Zeman e quell’1-3 ci condannò alla B. Rimasi ancora un altro anno, fu una bella esperienza anche se, sul piano sportivo, tutti si sarebbero attesi qualcosina in più. Una partita persa contro la Ternana, che pure stavamo vincendo, ci precluse incredibilmente il ritorno in A. Conservo un bel ricordo del presidente Vincenzo Matarrese. Una persona soprattutto umana, onesta. Se ne trovano poche cosi”.
Lecce, Foggia, Andria e soprattutto Taranto. Lei i derby pugliesi li ha giocati praticamente tutti. E quello contro gli ionici potrebbe ritornare dopo 25 lunghi anni…
“Vero, una fortuna toccata a pochissimi giocatori. Del Taranto ricordo molto l’atmosfera dello Iacovone. Stadio stracolmo e tanto calore, ma non andammo oltre lo 0-0. Anche se in D avrebbe il suo fascino questa partita. Bello e sentito il derby col Foggia e soprattutto quello contro il Lecce. Partite sempre difficili e contro squadre, all’epoca, competitive. C’era anche l’Andria tra le varie”.
Con lei c’era un altro croato, Boban. Per non parlare di Platt, Protti e Tovalieri. Nomi incredibili…
“Boban ha avuto il merito di aiutarmi molto nell’imparare l’italiano. Conservo ancora ottimi rapporti con Protti, ci sentiamo spesso. In campo era un giocatore fortissimo, praticamente al pari di Tovalieri. Entrambi due numeri uno. Ed è impossibile dimenticare il carisma di Platt. Un grandissimo amico e capitano, non mollava mai ed a tutto il gruppo trasmetteva la sua grinta”.
Che ne pensa, invece, di Grosso?
“L’avevo visto alla prova ai tempi della Juventus, una sfida delle giovanili contro la Dinamo Zagabria. Ha vinto un mondiale e grande merito a lui, per il resto non lo conosco molto pur sembrandomi una brava persona”.
La partita in biancorosso che non dimenticherà mai?
“Sicuramente la prima partita in biancorosso, quella in Coppa Italia contro la Sampdoria. Mancammo di pochissimo il passaggio del turno, un vero rammarico. Il ‘San Nicola’, all’epoca, era uno stadio fantastico. Ora ha perso il suo fascino, come tanti altri in Italia. Bisogna fare qualcosa di grande per rilanciare il calcio da voi”.
Nel caso specifico del Bari, in che modo?
“Bisogna ritornare al più presto nel calcio che conta, premessa fondamentale. Sarà possibile con una società che abbia organizzazione, solidità, disponibilità economiche importanti. Il resto, ne sono certo, non potrà che venire di conseguenza”.
Una parola, infine, sul sorprendente cammino della Croazia agli ultimi mondiali. E’ mancato poco all’impresa…
“In questo mondiale ho visto grandissime squadre crollare nonostante avessero giocatori dalla grandissima tecnica. La Croazia, al contrario, ha fatto strada perché ha fatto leva principalmente sulla forza e sulla compattezza del gruppo. Questa nazionale ha dei valori ma, soprattutto, è ricca di orgoglio. Paradossale la finale contro la Francia. Abbiamo perso la partita che abbiamo giocato meglio, proprio in finale”.
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