Anti-vigilia di Bari-Brescia ed operazione nostalgia. Domenico Penzo ha lasciato ricordi indelebili in entrambe le squadre: promozione in B e caterve di gol coi galletti (1976-1978), promozione in A e primo anno tra i grandi con le rondinelle (1979-1981). Il Verona, la Juventus ed il Napoli sarebbero arrivati solo in seguito, dalla seconda metà degli anni ’80.
Intervistato dal nostro portale, l’ex attaccante classe 1953 preferisce iniziare a soffermarsi sul presente. Che finale di stagione è lecito aspettarsi? “Credo che le aspettative del Bari ad inizio stagione – dice – fossero più o meno quelle attuali. Ovvero fare un campionato di vertice per poi puntare alla Serie A diretta. A gennaio ha cercato di rinforzarsi, ma qualche pareggio di troppo ancora lo separa dalle prime due posizioni. L’obiettivo, tuttavia, resta ancora raggiungibile. Il giudizio su Grosso resta positivo, al Bari ha dato un’impronta di gioco e non mi dispiace. Riesce a dare quel quid in più a tutto il gruppo. Il Brescia, al contrario, ha vissuto il cambio di proprietà e c’è stata un po’ di confusione. L’obiettivo è togliersi dai bassifondi di classifica per arrivare ad una tranquilla salvezza”.
Dal bomber…ai bomber. Il Bari deve ritrovarsi in avanti: “Forse il solo Brienza non basta, a dispetto dell’età Franco crea superiorità numerica e fa la differenza. Galano era partito bene, poi si è perso. Forse gli manca quella necessaria continuità per fare il salto di qualità”.
Tanti, tantissimi, i ricordi di Bari e del Bari. Dai più felici ai più nostalgici e tristi, come quelli legati alla recente scomparsa di Stefano Pellegrini: “Da qualche giorno ho perso un compagno ed un amico come lui. In B abbiamo fatto coppia assieme e c’era una grande intesa. Per il resto posso dire di aver vinto un campionato col Bari, quello del passaggio dalla C alla B. Nelle due annate in biancorosso mi sono rilanciato nel calcio che conta, raggiungendo poi anche dei traguardi inaspettati. E non dimenticherei nemmeno il presidente De Palo. Un grande signore, una persona straordinaria e di spessore. Solo dopo sono arrivati i Matarrese con la loro imprenditorialità. Hanno cercato di trasferire le loro conoscenze nel calcio, ma non spetta a me dire se hanno fatto bene o meno. Ho lasciato molti amici li, penso a Sigarini ed a Scarrone soprattutto”.
Impossibile, tuttavia, dimenticare la trasferta di Alcamo. Il Bari era già in A, ma i siciliani erano ancora in piena lotta salvezza: “La ricordo sin troppo bene, fu quella del post-promozione. La giocammo ad Alcamo, in Sicilia. C’era un atmosfera…molto tesa. Alla squadra di casa serviva un risultato positivo per salvarsi, a fine partita si era respirato un clima di grande festa. Quasi volevano farci comprendere la loro situazione, è stato molto…imbarazzante (ride, ndr)”.
Fece molto rumore la cessione operata nel 1978. Il giocatore passò dal Bari al Monza dopo aver totalizzato coi galletti 22 gol in 70 presenze: “Su quella mia gestione, essendo anche di proprietà della Roma, se ne sono detto tante. Da pochi mesi avevo anche perso mio padre, fu un grosso problema ed una grossa perdita. Influi sulle mie prestazioni, magari non all’altezza. Ma qualcuno si permise di dire che in quel finale di stagione qualcuno stesse remando contro e tra quelli indicati c’ero anch’io. Non era vero, nella maniera più assoluta. Ho sempre dimostrato la mia professionalità in Puglia, prima, durante e dopo. Ricordo anche l’esonero di Losi in quel torneo, tra le varie cose. Diciamo che delle spiegazioni qualche dirigente dell’epoca dovrebbe darne”.
Esaltanti anche i suoi anni con la maglia del Brescia. Nel 1979/80 le rondinelle centrarono la A al termine di una lunga scalata verso i quartieri alti di classifica: “Non partimmo benissimo, poi demmo vita ad una cavalcata esaltante. In panchina c’era Gigi Simoni. Dopo una serie di ritiri, sei mesi su otto, facemmo gruppo e ci amalgamammo benissimo. Riuscimmo a centrare la promozione da terzi in classifica. Quando si vince, poi, si viene compensati di tutti i sacrifici”.
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