Dopo la fusione di Ideale e Liberty nell’Unione Sportiva Bari, la compagine barese ebbe una sua fisionomia in termini di immagine. Innanzitutto venne delineata l’uniforme, comprendente una maglia bianca con colletto rosso e i pantaloncini bianchi, in più, grazie a un referendum indetto dal giornalista barese del Cine-sport Alfredo Bogardo, anche il Bari ebbe la sua mascotte: si trattò di un galletto, in rappresentanza della spavalderia del popolo barese.
La squadra, allenata da Egri Ebrestein (sarà poi il tecnico del Grande Torino ndr) al termine del torneo di Divisione Nazionale fu retrocessa dopo essersi classificata al tredicesimo posto. Il campionato successivo vide i galletti disputare la neonata serie B, con la convocazione di Faele Costantino, soprannominato “reuccio” in nazionale maggiore. Nel torneo che seguì, sempre in cadetteria, i biancorossi si laurearono campioni cogliendo così la prima promozione nella loro storia. Guidati dal magiaro Hajdu con le reti, 46 in 3, dei bomber Scategni, Bottaro e Gay gli undici biancorossi raggiunsero al termine dell’annata calcistica la prima posizione.
La stagione 1931-32 fu la prima di massima serie per il Bari, che alla fine del torneo dovette guadagnarsi la permanenza in serie A dopo aver battuto negli spareggi il Brescia. Questo risultato consacrò un allenatore destinato a fare la storia del calcio italiano, si tratta di un altro magiaro, Arpad Weisz, poi trucidato nei campi di sterminio nazisti. In questa stagione molti furono i sacrifici economici e i premi elargiti dal patron del Bari Liborio Mincuzzi, trentatreenne barese alla guida dei galletti in A.
Nel 1933 ancora una retrocessione in B con al passivo ben 13 rigori contro, quindi la mancata risalita in A a causa dello spareggio perso contro la Sampierdarena e la promozione nel 1935. Nello stesso anno, oltre ad una tranquilla salvezza, il Bari partecipò per la prima volta alla Coppa Italia, fermandosi ai sedicesimi di finale.
Dal 1935 al 1941 solo massima serie, è questo il periodo storico più lungo disputato dai galletti in serie A. Nel 1934 alla presenza del Duce venne inaugurato il nuovo stadio “Della Vittoria”, tempio di fortezza e giovinezza – come titolava un’edizione de La Gazzetta del Mezzogiorno dell’epoca.
Nel 1935 con il Bari appena sbarcato in A, ecco che la società biancorossa vide il presidente più giovane che si sia mai avuto in 110 anni, vale a dire Giovanni Di Cagno Abbrescia. Ancora studente universitario, nato nel 1915 prese le redini della vicenda calcistica barese. Nel sessennio che va dal ’35 al ’41 per ben tre volte i galletti conclusero il torneo all’undicesima posizione, e nel 1936-37 per la prima volta la maglia biancorossa venne corredata del galletto circoscritto in una circonferenza. Importanti risultati anche in Coppa: nel 1940 dopo aver battuto, in ordine cronologico, Catania, Siena e Liguria il Bari dovette arrendersi in semifinale al Genoa. In quella stagione inoltre vennero per la prima volta, applicati i numeri sul retro delle maglie da gioco.
Cesarino Grossi, Francesco Capocasale, Giorgio Dentuti, solo alcuni dei baresi veraci che contribuirono a onorare la causa biancorossa in queste stagioni, prima di ritrovare la B nel 1941.
Prima della sospensione delle attività si registrò ancora una promozione in A, e una conseguente retrocessione immediata, ma a seguito di un ripescaggio i galletti restarono in massima serie.
All’indomani del secondo conflitto mondiale il Bari cambiò nuovamente denominazione in Associazione Sportiva, che rimarrà per 70 anni.
Il Campionato Serie A-B Centro-Sud 1945-1946 insieme a quello di Centro Nord e con il girone finale nazionale, furono i tornei che costituirono la complessa organizzazione della 44ª edizione del campionato italiano di calcio: per la prima e unica volta dal 1929 non si tenne a girone unico. Il Bari vinse il proprio girone e ritornò in serie A, trovando nel 1946-47 un insperato quanto meritato settimo posto, che ad oggi è lo score più importante conseguito dal Bari in massima serie.
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